Armocromomia e comunicazione politica

Adesso che tutti hanno finto di scoprire l’armocromomia (tenuto conto che solo i libri di Rossella Migliaccio hanno venduto più di 100.000 copie, chissà chi li ha letti), abbiamo saputo che, secondo la sua consulente, Elly Schlein è una stagione inverno ed ha confessato che si veste (come tutte noi) a seconda delle circostanze.
Ma visto che tutti hanno detto la propria sulla famosa intervista a Vogue, perché esimermi proprio io?

Non ho sinceramente capito cosa voleva comunicare, perché un servizio su Vogue non è obiettivamente uguale ad uno su Grazia, Vanity Fair o Donna Moderna.

È vero, negli States tutte le donne di potere sono passate e passano dalle pagine patinate della più importante rivista di moda del mondo, quindi lo scopo era rimarcare il proprio ruolo? Ma in effetti, nel nostro Paese quanti lo sanno?

Che poi, andare su Vogue e dire che non si ha idea di cosa sia il power dressing… vabbè.
Si poteva aspettare magari qualche mese, con un’immagine collettiva un po’ più solida, ma è anche vero che il Pd mangia segretari come stuzzichini ad un aperitivo.
Nell’intervista, piuttosto lunga, le parole estrapolate da tutti non sono state quelle sulla politica, peraltro un po’ tiepide e sempre un po’ equidistanti, ma d’altronde non poteva fare altrimenti. Sono state quelle sull’affidarsi ad una armocromista, dandone nome e cognome.
Armocromista che ha subito ovviamente rilasciato un’intervista a Repubblica, svelando tariffe, di essere anche una personal shopper e di agire in tal senso per Schlein, troppo presa dai suoi impegni per aver anche tempo di andare a comprarsi i vestiti.

A parte che, soprattutto avendo limiti relativi di budget, per molte (e molti) il pomeriggio di shopping è spesso più che altro puro divertimento e sfogo (consiglierei comunque vivamente la frequentazione di negozi, perché poi magari si finisce anche col parlare con commessi e proprietari, tutta gente che vota) non è che con queste dichiarazioni ed aggiunte ci si crea un’immagine positiva… Probabilmente la commessa del negozio che non si avrebbe tempo di frequentare, col budget dedicato a stagione alla sola personal shopper ci acquista il guardaroba di tutto il periodo. Come probabilmente la stessa cosa letta sui social da chi percepisce il reddito di cittadinanza o dal precario sottopagato di turno, difeso ad ogni comizio, può sembrare uno schiaffo in faccia.

Se invece semplicemente si è una di quelle persone a cui del look in generale non interessa, ed un po’ mi sembra sia così, bastava dirlo, anche a Vogue.

Aggiungendo che però, dato che per un personaggio pubblico anche il personale è politico, si è costretti a trucco, parrucco e power dressing e, visto che i propri interessi sono altri, ci si fa aiutare. Punto. E che magari si pretende il Made in Italy, perché consapevoli che la moda è una delle grandi eccellenze nazionali.
Aggiungo che in un mondo in cui la narrazione, anche femminista, è sull’essere donne multitasking, non si può dire a quella che si arrabatta tra lavoro, casa, famiglia, genitori, figli e ci imbuca incredibilmente shopping, parrucchiera, estetista, palestra ed aperitivo con le amiche che non si ha tempo per comprare una giacca.

Non si può, perché si fa un po’ la figura delle pirla… Ma soprattutto, se ci si candida a guidare il Paese non esiste dire che non si riesce a scegliere da soli una camicia, non si fa neanche se dovesse essere la verità.
Un ultimo consiglio, non richiesto, ma tanto li dà chiunque: una sera invece dell’ultima serie tv, guardarsi l’illuminante “Il Diavolo veste Prada” per capire il potere dei vestiti.


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Esmeralda Ballanti

Classe 1963, giornalista pubblicista, vivo nella bassa bolognese. Diploma di ragioneria, segretaria di redazione e collaboratrice del periodico Nuovo Informatore.

Femminista, polemica, ho svariate passioni ed interessi che spesso non ho sufficiente tempo di coltivare. Ma si può sempre migliorare, in tutto.

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