Un taxi chiamato desiderio
Un paio di settimane fa avevo accennato ad una inchiesta del Sole 24 Ore sulla carenza di taxi a Milano e Roma.
Da ieri è esplosa la polemica anche sui social bolognesi, partendo dalla pagina Facebook Il Blog Bar di Bologna, dove un utente ha ripreso una lettera inviata a Repubblica del Sig. Carlo Catalani: ““Nessun taxi all’alba a Bologna. Ho perso il volo, sono incredulo”. Carlo Catalini doveva rientrare a Dublino, dove vive e lavora. “Non si poteva prenotare in anticipo. Il call center mi ha detto che non c’erano mezzi. Quanta gente è rimasta a terra come me?””
In poche ore si è scatenato il solito inferno social, con chi difendeva i taxisti che fanno un lavoro difficile, chi li infamava, chi diceva usate i servizi di noleggio, chi i mezzi pubblici, chi, chi…
Resta il fatto che anche Bologna, grazie all’aumento del turismo, soffre di carenza di taxi e non da ieri. E prenotare la corsa, quando si può, serve a poco perché in realtà l’operativo prende solo nota e qualche minuto prima dell’orario richiesto cerca se c’è un auto disponibile. Se non la reperisce, salta la prenotazione.
Per non parlare del fatto che poi non tutti i taxi accettano i bancomat: quando si sale se non si ha contante con sé è sempre meglio sincerarsene, per evitare grane al momento del pagamento.
A Bologna le licenze (dati Resto del Carlino del marzo scorso) sono 722, pari ad 1 ogni 542 abitanti. Poche, se pensiamo che Milano ha un rapporto 1/278 abitanti, Roma 1/352, Firenze 1/487 e lamentano tutte code a stazioni, aeroporti e carenze.
Il fatto è che i taxi non li usano solo gli abitanti, ma i turisti, chi viaggia per lavoro ecc. e ad esempio i turisti sono in aumento.
Stamani, sempre su Repubblica, intervista all’Assessora ai Trasporti del Comune che dice occorrerebbe aumentare le licenze. A lato i presidenti delle Cooperative che in città raggruppano i taxisti, ammettono che ci sono problemi ma non propongono soluzioni. Sabato la situazione era particolare per i vari eventi concomitanti, dicono e ci sono i cantieri che rallentano. Quindi occorre dilazionare gli eventi in città e chiudere i cantieri per garantire il servizio?
Servizio: qui sta a mio avviso la parola chiave.
Perché si chiama un taxi anche quando si esce da sole per rientrare in sicurezza, quando si hanno problemi di movimento ed occorre essere caricati/scaricati davanti ad una destinazione, quando non si può usare la propria auto o quando semplicemente non la si ha. Si tratta di un servizio di pubblica utilità e come tale deve essere garantito con tempi di attesa accettabili. Se così non fosse non sarebbe normato e non sarebbe soggetto a licenze pubbliche.
E’ necessario che le amministrazioni affrontino il problema, ormai ubiquitario, aumentando le licenze, aprendo ai servizi come Uber, o raddoppiando o triplicando chi può guidare con una stessa licenza.
Con coraggio, a costo di scioperi e proteste. Perché è questo che ci aspettiamo da chi ci amministra. Perché essere una città progressista e di taglio europeo passa anche dai servizi che si garantiscono ai cittadini ed a chi in questa città transita per qualsiasi motivo.


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