Terre di frontiera
Una decina di giorni fa ho partecipato da spettatrice alla presentazione del libro “Da Campolo pedalando”, scritto da Tiberio Rabboni. Tiberio, con un passato ed un presente politico e come amministratore di tutto rispetto, é da sempre anche un appassionato ciclista. Nato nella “bassa” (in pianura per chi non è bolognese), si è da anni trasferito nella zona di Porretta Terme, in pieno appennino. E di itinerari ciclistici in quelle zone racconta nel suo libro, itinerari aventi come fulcro Campolo.
Campolo, deliziosa frazione di Grizzana Morandi, è il borgo emiliano romagnolo a cui sono stati assegnati 20 milioni del Pnrr, per un progetto pilota volto alla rivitalizzazione di piccoli centri che si stanno spopolando.
A fianco di Tiberio, oltre al moderatore Mauro Alberto Mori, erano presenti Marco Nannetti, enotecario e padrone di casa dato che la presentazione era ospitata all’Enoteca Vini d’Italia di Bologna, Marco Palmieri, AD di Piquadro, azienda di pelletteria di fama internazionale con sede nell’appenninica Gaggio Montano, e Mauro Felicori, attualmente Assessore alla Cultura della Regione Emilia Romagna.
Ne è nato un incontro davvero interessante, che dal racconto delle bellezze, curiosità e storia dell’Appennino, percorso in modo slow dai tracciati proposti nel libro, è passato ad analizzare le reali possibilità di ripartenza di questo territorio.
Territorio difficile per le proprie fragilità, complicato e costoso per le attività produttive e sempre meno attrattivo per viverci.
Molte zone dell’Appennino bolognese hanno vissuto un boom edilizio negli anni ’70, quando era di moda la seconda casa in collina, dove andare nel week end e mandare nonni e figliolanza in estate per sfuggire alla calura cittadina. Case oggi spesso abbandonate, ma che al tempo hanno modificato pesantemente i terreni (sbancamenti, giardini con piante non sempre propriamente autoctone) e rendono il paesaggio talvolta un po’ desolato, ma soprattutto ancora più fragile di quanto già non lo sia in natura.
Zone dove non è facile trovare un lavoro vicino a casa e dove spesso le poche aziende aperte in passato chiudono.
Dove l’agricoltura è difficile, di fatica e sacrificio.
Dove il turismo, che potrebbe probabilmente costituire la grande leva per la ripartenza di questi territori, è estremamente stagionale e lotta spesso per essere attrattivo con la necessaria salvaguardia ambientale, basti pensare alla stagione sciistica invernale o al nuovo tentativo di rilancio delle Terme di Porretta.
Come è quindi possibile una rivitalizzazione di queste zone, che possa provocare una migrazione al contrario, riportando abitanti ed attività dalla pianura e dalla città alla montagna appenninica?
Io non ho le competenze per poter proporre soluzioni certe, ma turismo, enogastronomia, agricoltura ed infrastrutture digitali mi sembrano i campi su cui investire. Ammesso che il ripopolare queste zone sia strategico ed interessante.
Come sempre il vostro contributo è benaccètto.


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