Donne

Mogli madri lavoratrici e salvatrici della Patria

Continua la narrazione di governo sulle donne e cosa dovrebbero fare per salvare la nazione e la razza italica. Non riesco quindi, anche a costo di essere un po’ ripetitiva, a non scriverne.
In questa narrazione innanzitutto le donne si devono impegnare a fare figli per la patria, ovviamente come mogli o quantomeno compagne, perché un italico pargolo per crescere sano deve avere un padre ed una madre.

Occorre sfornare pargoli perché siamo a rischio di sostituzione etnica (ma quindi le donne non facendo figli sono delle traditrici della patria? assoldate da chi?) e che siamo a rischio estinzione ce lo ha detto pure Elon Musk, quindi è assolutamente necessario intervenire.

A questo proposito ho sentito un noto psichiatra lamentarsi in televisione che se nemmeno la pandemia e lo stare chiusi in casa ha fatto venire voglia agli italiani di fare sesso siamo proprio nei guai (ma allora anche gli uomini tramano?).

Tornando alle culle da riempire, questi piccini non solo ci eviteranno di diventare una specie protetta dal WWF, ma forniranno italiche braccia e menti alle nostre imprese che ne hanno bisogno, contribuendo anche a pagare le pensioni dei baby boomers che si stanno a milioni gloriosamente e felicemente avviando a raggiungere le pletore di baby pensionati degli anni 80 e 90 (bell’immagine i baby che pagano i baby, ci starebbe un cartoon di Zero Calcare).

 

Donna al lavoro in agricoltura
Il lavoro femminile è "una grande riserva inutilizzata" ha dichiarato la Presidente del Consiglio

Ma sto divagando: torniamo alle donne.

Mentre si impegnano a sfornare figli mica possono stare con le mani in mano… come dicevo prima le aziende italiane hanno bisogno di personale, la ristorazione ed il turismo di addetti, l’agricoltura di braccianti. Chi farà tutto questo mentre i piccini crescono? Ma le donne, ovviamente! Senza avere asili o tempo lungo a scuola, perché sono servizi non necessari.

Le donne basta pagarle per convincerle a sfornare bambini, togliendo le tasse o dando incentivi economici.

Non è un romanzo distopico quello che ho tratteggiato, ma la somma delle sole dichiarazioni del governo di martedì.
Mancano all’appello solo la cura degli anziani, che immagino a breve si dirà è bene tornino ad essere assistiti in casa possibilmente dalle figlie in particolare se nubili, ed il ritorno della medaglia d’onore per le madri di famiglie numerose.
Ma poi in fondo lo sappiamo che sono le donne che salveranno il mondo (e l’Italica razza).

Commento

  • Michele Chilanti

    Chiaramente presentare la questione della denatalità in termini di salvaguardia della razza ed addossarne la responsabilità alle donne è fuorviante. Ma il problema che sta alla radice del fenomeno è reale – ed è serio. Il problema è quello di mettere chi desidera aver figli nelle condizioni di poterselo permettere. Premetto che non credo alla “catastrofe demografica” ed ancor meno al fatto che in Italia manchi forza lavoro (non vivo in Italia da decenni, ma leggo sul Sole 24 Ore che mancherebbero 1 milione di lavoratori mentre sulle stesse pagine si legge che il 30% dei giovani siciliani ed il 27% dei giovani campani non lavorano né studiano…). Detto questo, il fatto che non si facciano figli è un segno di malessere profondo, perchè le ragioni del declino sono principalmente economiche: le nuove generazioni faticano a trovare un’occupazione decentemente retribuita e stabile, sono in gran parte escluse dal mercato della casa, non possono contare su servizi di supporto accessibili (asili etc.), mentre i costi accessori del matenimento dei figli continuano a crescere. Questa – tra parentesi – è una tendenza generale nel mondo occidentale che corrisponde alla crisi della classe media: e ne vedo le avvisaglie conclamate ormai anche qui negli Stati Uniti. Le ragioni di questo malessere sono profonde e non risolvibili – io credo – da questa o quella compagine di governo. Ma si potrebbe, almeno inizialmente, smetterla di considerare il fenomeno un fatto puramente demografico e pretendere di risolverlo traghettando disperati dai loro tristi luoghi di nascita – semplicemente perché questi sono disposti ad adattarsi a condizioni di vita – e di lavoro – che “noi” ci eravamo abituati a considerare difficili.

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Esmeralda Ballanti

Classe 1963, giornalista pubblicista, vivo nella bassa bolognese. Diploma di ragioneria, segretaria di redazione e collaboratrice del periodico Nuovo Informatore.

Femminista, polemica, ho svariate passioni ed interessi che spesso non ho sufficiente tempo di coltivare. Ma si può sempre migliorare, in tutto.

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