Il Partito Democratico ed i social media

Linguaggi e spiegoni

Nei film e telefilm, quando si affronta un argomento tecnico o sociale di cui si teme il pubblico non sia a conoscenza, si utilizza “lo spiegone”. Un esempio perfetto è il monologo femminista di America Ferrera in Barbie. Sicuramente importante, o potente come lo ha definito molta stampa, ma che per chi è femminista non aggiunge nulla a quanto già sa, mentre per chi non lo è qualcosa comunque rimane, anche se l’argomento non interessa o pensa non la/lo riguardi e difficilmente lo ascolterà con attenzione. Che qualcosa resti nella o nello spettatore ce lo insegnano anche ad esempio i crime tipo CSI, dove abbiamo imparato a grandi linee come funziona il luminol o che la candeggina elimina le tracce organiche, anche se non saremo mai in grado di sequenziare praticamente il dna.

Tutto questo preambolo per parlare della comunicazione del Partito Democratico.

Comunicazione che non brilla da tempo, perché obiettivamente un partito abituato ad una dialettica interna che spacca il capello in quattro, fa molta fatica a proporre slogan semplici ed efficaci che è quanto richiede oggi essere sui social.
La cosa più impattante che era riuscito a partorire erano le metafore di Bersani, dei veri tormentoni, virali in un epoca in cui il termine non era ancora così abusato. Smacchiare il giaguaro, la mucca in corridoio, non siamo qui a pettinar le bambole, sono indimenticabili. Peccato che la comunicazione dell’epoca abbia invece utilizzato il claim “L’Italia giusta”.
Ma erano già i tempi delle card social, dei tentativi di coniare appunto slogan brevi ed efficaci, di massimo tre parole. Dell’inizio dell’inseguimento di quei partiti e movimenti che sulle card, sugli slogan e sulla semplificazione stavano erodendo fette sempre maggiori di elettorato.
C’è poi una fascinazione di fondo per il rosso (o grigio scuro) e nero, forse perché vista come drammatica, e partita sempre ai tempi di Bersani per proseguire
nella campagna dello “Scegli” di Enrico Letta, che almeno aveva il pregio di essere un’ottima base per i meme.

L’attuale comunicazione ha sbiadito i colori nero e rosso, che utilizza principalmente quando stigmatizza le scelte e atteggiamenti dell’attuale governo. Immagino ci sia alla base un’idea, un messaggio nelle foto in bianco e nero degli esponenti del governo accompagnate da brevi commenti.
Il problema però è il linguaggio, quei commenti: dall’abuso di “giù le mani”, all’abbondanza di frasi che vorrebbero essere lapidarie.
A parte appunto il linguaggio, che ultimamente ha persino parafrasato Primo Levi per parlare del deputato di FdI che a Capodanno ha ferito una persona ad una festa, magari un minimo di spiegone (o spieghino) per chi guarda le card forse servirebbe. Perché se non seguo la politica e non leggo i giornali ma vivo sui social, forse comprendo meglio le frasi più banali ma più affermative delle card dei partiti al governo. Non devo conoscere i retroscena, capisco subito il contesto.
Ma soprattutto è davvero triste come la maggior parte della comunicazione del Pd insegua continuamente quello che fanno gli altri, stigmatizzandone frasi ed atteggiamenti. Non ultima la card “Meloni sei al Governo. Basta scuse e vittimismo”. Tutto quello che il Pd ha da dire sulla conferenza stampa della Presidente del Consiglio è questo? Niente su alcune importanti inesattezze di cui alcuni giornali hanno fatto un puntuale fact checking.

Inoltre quante persone sanno, ad esempio, che le opposizioni congiuntamente hanno destinato tutte le risorse a loro disposizione al contrasto della violenza di genere? Non sarebbe stato importante darne la massima visibilità?

Ci sono idee diverse sulla gestione e sul futuro del Paese, come è logico, ma tolta la battaglia sul salario minimo mi sembra che ben poco altro sia passato. Vengono utilizzati concetti alti, ma vaghi: Europa, pace, giustizia sociale, uguaglianza, diritti. Un minimo di messa a terra, un piccolo spiegone, appunto, di come si pensa si potrebbe realizzare tutto ciò, non sarebbe sbagliato. Ripetere giorno dopo giorno proposte su scuola, sanità, ambiente che sono temi che toccano tutte e tutti, come quello del salario. Perché così è davvero tutto troppo vuoto, troppo triste. Con un cambio di linguaggio, dando una visione concreta, le elettrici e gli elettori del Pd ritroverebbero forse un po’ di spinta ideale e chi si è scoraggiato potrebbe eventualmente tornare a pensare che la propria croce su un simbolo possa davvero cambiare il mondo.

Commento

  • Roberto

    Bravissima Esmeralda, tu non aurureferenziata come tanti del PD sai ancora trovare e denunciare errori pacchiani dei professionisti della politica.

  • Marina

    Come hai ragione! E quanto scrivi è evidentissimo anche negli slogan per la campagna elettorale delle Europee. Purtroppo.

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Esmeralda Ballanti

Classe 1963, giornalista pubblicista, vivo nella bassa bolognese. Diploma di ragioneria, segretaria di redazione e collaboratrice del periodico Nuovo Informatore.

Femminista, polemica, ho svariate passioni ed interessi che spesso non ho sufficiente tempo di coltivare. Ma si può sempre migliorare, in tutto.

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