L'influencer virtuale Francesca Giubelli

Milioni di milioni

Anni fa il jingle di una nota marca di salumi recitava: le stelle sono tante, milioni di milioni… Adesso quello che conta, per molti marketing manager, sono i milioni di persone che seguono gli influencer. Le aziende li ingaggiano strapagandoli per farsi pubblicità in modo facile (in merito vi invito a leggere una interessante intervista a Daniele Cobianchi AD di McCann World Group Italia di qualche giorno fa su Repubblica).

Legare il proprio prodotto ad un volto noto usa credo dagli albori della pubblicità, con i pro ed i contro che questo comporta, compresi eventuali incidenti di percorso.

Incidenti che possono includere anche il forzare un messaggio, come insegna anche il recentissimo caso Balocco/Ferragni. Il clamore che ne è derivato ha poi indotto l’Agcom, ovvero il Garante per le comunicazioni, ad accelerare l’emissione delle linee guida per gli influencer, linee che riguardano però solo chi ha oltre un milione di followers.
Non capisco la ratio numerica (se ne ho solo mille, ma in ambito ristretto, faccio meno danni?), ma al di là di questo, cosa intendiamo con il termine influencer? Secondo Agcom è tale chi crea, produce e diffonde al pubblico contenuti audiovisivi, sui quali esercita responsabilità editoriale, tramite piattaforme per la condivisione di video e social media. Ovvero, se capisco bene, chi opera sui social, ma solo se supera il milione di seguaci, è equiparato ad una testata giornalistica.


Peccato che una testata giornalistica debba avere un direttore responsabile, obbligatoriamente un giornalista iscritto all’albo, ed essere registrata in Tribunale. Ed un giornalista, per iscriversi al proprio albo professionale, debba possedere e dimostrare dei requisiti specifici, o superare un esame di stato e sia obbligato ad una formazione continua anche in campo deontologico.
È sicuramente vero che una/un influencer ai livelli normati ha alle spalle uno staff, anche se magari ha iniziato, passatemi il termine, da dilettante, ma vedo queste figure più simili ad una star dello sport o dello spettacolo, che ad una rivista.


Penso che chi ha comprato il pandoro griffato lo abbia fatto perché c’era sopra l’occhione del logo Chiara Ferragni più che per la beneficenza, così come può avere comprato gli slip indossati da un calciatore o firmati da una famosa cantante o attrice. E non sono neanche propensa a pensare, come qualcuno ha ventilato, alla circonvenzione di incapaci, perché allora qualsiasi testimonial che mi racconti che con l’azienda X la mia energia elettrica è più green o che il caffè fatto con una certa macchina automatica è perfetto, cosa fa?


Se da grandi poteri, ammesso che i social siano un potere, derivano grandi responsabilità, i politici e le politiche, in tutto ciò dove li mettiamo? Il milione di followers li superano in diversi e spesso fanno dichiarazioni di intenti, anche sui social, che poi non vengono mantenute. Esempi l’abolizione della povertà, le pensioni minime a 1000 euro o lo stop agli sbarchi. Eppure nessuno li accusa di abusare della credulità delle persone o li multa, perché considerate promesse elettorali e quindi aleatorie.
O peggio aizzano i propri followers contro qualcosa o qualcuno, incuranti del risultato.
Più che normare poche persone sarebbe opportuno dare regole precise ai milioni di milioni, e formarle, magari partendo dalle scuole, perché siano in grado di distinguere il vero dal falso e capire che non tutte e tutti sono in grado di reggere psicologicamente la gogna social quando si scatena.


In ogni caso la tecnologia viaggia a velocità tali da rendere impossibile alla legislazione di stare al passo. Esistono già influencer virtuali che, grazie all’intelligenza artificiale, riescono anche ad interagire con gli umani. Come sarà possibile normare chi non esiste fisicamente?

Commento

  • Michele Chilanti

    Non solo è inutile tentare di “normare” il fenomeno influencer, ma il caso specifico dà a Chiara Ferragni un’opportunità per arrogarsi il merito di avere promosso la creazione della normativa.
    Occorre, come dici tu, che la gente si svegli, si istruisca e via discorrendo. Ma sarebbe forse anche opportuno che i media tradizionali e soprattutto certi giornalisti “mainstream” la smettessero di prostrarsi in adorazione di fronte alle stelle del firmamento influencer: mi sono imbattuto qualche mese fa in un trafiletto di Gramellini in cui si presagiva, o forse dovrei dire si auspicava, l’ascesa di Ferragni alla presidenza del consiglio dei ministri…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Esmeralda Ballanti

Classe 1963, giornalista pubblicista, vivo nella bassa bolognese. Diploma di ragioneria, segretaria di redazione e collaboratrice del periodico Nuovo Informatore.

Femminista, polemica, ho svariate passioni ed interessi che spesso non ho sufficiente tempo di coltivare. Ma si può sempre migliorare, in tutto.

Social