Katia Follesa a Sanremo 2025

Il ritorno agli anni Cinquanta delle donne a Sanremo

Si è appello conclusa la 75^ edizione del Festival di Sanremo con relativa coda di pareri e ben poche polemiche. Un festival che ho trovato sinceramente spento, ossessionato dal timing, neanche fosse una conferenza.
Non volendo entrare nella vasta squadra degli esperti di musica, che in epoca Festival supera quella degli allenatori da poltrona, riprendo la scrittura puntando lo sguardo sul ruolo lasciato alle donne che si sono avvicendate sul palco a fianco del presentatore. Non lo chiamerò conduttore, perché condurre è qualcosa di diverso dall’annunciare e dettare ossessivamente i tempi a tutte e tutti, ponendosi come elogio vivente di una medietà di conforto.

In questa medietà è stata inserita e compressa tutta la co-conduzione, componente femminile in particolare, ricondotta ad un ruolo il più possibile tradizionale.
Antonella Clerici, in pieno mood “tagliatelle di nonna Pina”, ha portato sul palco un carrello con piatti di pasta, relegata così al ruolo di nutrice.
Una raggiante Bianca Balti ha dovuto sorbirsi la retorica della guerriera, come se la definizione del suo essere fosse la sua malattia.
Il trio Miriam Leone, Elettra Lamborghini e Katia Follesa é stato coinvolto in un penoso giochetto sull’uomo ideale, perché una donna senza accanto un uomo non ha probabilmente senso nella logica degli autori del programma.
Infine Alessia Marcuzzi nella serata finale è stata relegata al ruolo della bella giuliva, abbracciona, un po’ svampita ed impegnata a mettere in risalto il fondoschiena.

Ho sinceramente voluto credere che un po’ tutte abbiano provato, nei limiti di tempo e copione, a ribellarsi: ricordando di avere già condotto in prima persona il Festival, ribattendo che le donne prima di essere esempio per il proprio sesso lo sono per molti uomini, parlando della propria carriera o del fatto di essere una madre single, inserendosi con qualcosa fuori copione. È andata un po’ meglio a Geppi Cucciari, anche lei però confinata in minuscoli spazi.
Il Festival ha provato a ribadire a “tutta l’Italia-ha”, come cantato nello sfinente e insopportabile stacchetto, quale vorrebbe fosse il ruolo delle donne: subordinato, accudente, ove possibile seducente. L‘impressione di rivivere un quadretto uscito direttamente dagli anni ’50 è stata netta, ma forse non ho capito io l’omaggio al 75° compleanno del Festival. Sarebbe però tempo che il programma di maggior successo della televisione pubblica, e questo la dice lunga sul nostro Paese, approdasse all’oggi e si rendesse conto che le donne non sono rimaste ferme alla metà del secolo scorso.

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Esmeralda Ballanti

Classe 1963, giornalista pubblicista, vivo nella bassa bolognese. Diploma di ragioneria, segretaria di redazione e collaboratrice del periodico Nuovo Informatore.

Femminista, polemica, ho svariate passioni ed interessi che spesso non ho sufficiente tempo di coltivare. Ma si può sempre migliorare, in tutto.

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